È necessario cambiare residenza se si vive in affitto?
Quando ci si trasferisce in un nuovo alloggio in affitto, potrebbe sorgere l’obbligo di cambio di residenza. Vediamo in quali casi e come procedere.
Definizione di residenza
In Italia, la residenza si riferisce al luogo in cui una persona risiede abitualmente.
Pertanto, spostarsi in una nuova abitazione, sia essa in affitto o di proprietà, comporta l’obbligo di aggiornare la propria residenza.
Le regole relative al cambio di residenza sono regolate dal Codice Civile e dal Regolamento Anagrafico della Popolazione Residente.
La normativa impone ai cittadini di comunicare il luogo di residenza abituale, poiché è fondamentale per garantire la reperibilità. Questo significa che, se ci si trasferisce, è necessario informare l’ufficio anagrafe del Comune di destinazione.
Reperibilità e obbligo di residenza
Ogni cittadino è tenuto a essere reperibile, il che implica l’obbligo di comunicare all’ufficio anagrafe un indirizzo di residenza valido e reale, dove possa essere contattato.
È quindi vietato indicare un luogo come residenza se non vi si risiede effettivamente.
Tuttavia, ciò non significa che sia necessario cambiare residenza per ogni spostamento. La residenza deve corrispondere al luogo in cui si vive abitualmente, ovvero la casa in cui si trascorre la maggior parte dell’anno.
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Eccezioni all’obbligo di cambio di residenza
Il cambio di residenza non è obbligatorio in situazioni temporanee, come trasferimenti per motivi di lavoro o studio.
Se l’affitto è per un breve periodo, ad esempio con un contratto transitorio di massimo 18 mesi, la legge non richiede la dichiarazione di cambio di residenza. Cambiare residenza diventa un obbligo legale solo quando la nuova abitazione diventa la dimora principale e permanente. In caso di soluzioni temporanee, questo obbligo non sussiste.
Tempistiche e modalità di dichiarazione
La legge italiana prevede un termine di 20 giorni dal trasferimento per dichiarare il cambio di residenza, pena sanzioni amministrative.
La procedura è semplice: basta recarsi all’ufficio anagrafe del nuovo Comune con un documento d’identità valido, il codice fiscale, il contratto di affitto registrato, e qualsiasi altra documentazione richiesta.
Il Comune potrebbe effettuare verifiche per accertare la veridicità delle informazioni fornite, come sopralluoghi della polizia municipale. Dopo tali controlli, l’aggiornamento dei dati avverrà presso l’anagrafe.
Conseguenze fiscali e legali
Aggiornare la residenza è importante per il corretto funzionamento dell’anagrafe comunale e per l’attribuzione di oneri fiscali, come la tassa sui rifiuti (TARI), calcolata in base alla residenza dichiarata.
La mancata comunicazione del cambio di residenza entro i termini previsti può comportare multe, che variano a seconda del Comune.
Falsa residenza: quali sono le conseguenze?
Dichiarare una residenza diversa da quella reale costituisce il reato di falso in atto pubblico, poiché l’addetto all’Anagrafe è considerato un pubblico ufficiale, e mentirgli è un atto illegale.
Il reato si configura solo nel caso in cui venga fornito all’Anagrafe un indirizzo presso cui non si vive effettivamente: spesso avviene per motivi fiscali, come evitare il pagamento dell’Imu sull’abitazione principale.
Tuttavia, il reato non si applica quando si cambia residenza senza informare l’Anagrafe del nuovo indirizzo, mantenendo così la vecchia residenza registrata. In sintesi, dichiarare il falso all’Anagrafe è un reato, mentre non aggiornare la residenza non lo è.
In aggiunta, se il Comune scopre che un contribuente ha dichiarato una residenza falsa, potrebbe richiedere il pagamento degli arretrati dell’Imu non versati, poiché l’abitazione principale deve essere il luogo in cui il proprietario risiede e vive abitualmente.